17/02/12

Straniero a chi? Identità e diritti degli italiani di seconda generazione

A diciotto anni i ragazzi e le ragazze dovrebbero avere come unica preoccupazione l'esame della patente di guida, lo studio e il divertimento. Qulcuno, a diciotto anni, si ritrova però ad affrontare problemi ben più grandi: la burocrazia, la legge italiana, la propria identità e il diritto alla cittadinanza.
I ragazzi di seconda generazione sono tutte quelle bambine e bambini nati in Italia da genitori stranieri, oppure arrivati da piccoli nel nostro paese. La loro vita potrebbe essere come quella dei compagni di scuola, invece al compimento della maggiore età si ritrovano a cercare su google cosa sia un'espulsione, la clandestinità e il diritto di cittadinanza.
Il principio dello ius sanguinis, il "diritto di sangue" che vige in Italia, permette ai figli di italiani di ottenere la cittadinanza direttamente dai propri genitori, "ereditandolo" da loro. Il principio dello ius soli invece concede lo stesso diritto anche a chi nasce in un determinato paese. Le due possibilità coesistono nei più importanti paesi europei e negli Stati Uniti, ma non in Italia. Cosa succede allora nel nostro paese?

16/02/12

Regime dei contribuenti minimi: come funziona la partita Iva "povera"

Partita Iva non significa sempre imprenditore o libero professionista con redditi invidiabili. Lo sa bene la schiera di lavoratori autonomi - modernamente ribattezzati free-lance - che questa scelta più che farla l'ha subita. Molto spesso infatti sono le aziende che richiedono ai loro collaboratori di aprire la partita Iva. Un vantaggio per il committente, che non ha altri oneri oltre il puro costo del lavoratore (più il 20% di Iva che poi però scarica). Per il lavoratore invece si tratta di un altro pedaggio da pagare alla flessibilità e spesso alla possibilità di lavorare.

Il legislatore ha voluto fare un po' di differenza tra le "partite Iva", agevolando quelle più povere. Per questo motivo il precedente governo Prodi varò, con la legge finanziaria per il 2008, il "regime dei contribuenti minimi". Una semplificazione per i redditi inferiori a una certa soglia. Vediamo a chi si applica e quali sono i possibili vantaggi.

Chi può sceglierlo

Il regime può essere richiesto dalle persone fisiche residenti in Italia che non superano i 30.000 euro di compensi annui e che possiedono i seguenti requisiti (nell'anno precedente se sono già in attività):

       non hanno dipendenti o collaboratori (a progetto o occasionali), cioè non sono "sostituti d'imposta" (nel senso che non fanno trattenute fiscali per conto di altri soggetti da versare poi all'erario);

  non hanno spese per beni strumentali (cioè necessari alla professione, come affitti di locali, acquisto di attrezzi da lavoro, computer ecc.) superiori ai 15.000 euro;

  non vendono all'estero e non distribuiscono utili soci.

Attenzione: il limite dei 30.000 euro riguarda i compensi, cioè i ricavinon il reddito (che equivale a ricavimeno spese).

Che cosa prevede

Le agevolazioni sono:

       un'Irpef secca del 20% come imposta sostitutiva della normale tassazione ad aliquote progressive;

  l'esenzione dall'Iva, che non deve essere inserita in fattura né versata al fisco;

  varie semplificazioni burocratiche: esonero dall'obbligo delle scritture contabili  e degli elenchi clienti e fornitori, nonché della comunicazione annuale Iva. E' sufficiente numerare progressivamentele fatture e conservarle (come anche quelle di acquisto per le spese da detrarre). Sulla fattura è necessario indicare la dicitura: "Operazione ai sensi dell’art. 1, comma 100, della Legge finanziaria 2008".

Attenti al tetto


Come sottolinea Altroconsumo, a fronte di questi vantaggi il regime può offrire anche qualchesvantaggio.

Occorre innanzitutto valutare bene se c'è il "rischio" di superare il tetto dei 30mila euro:

       se si supera il tetto di meno del 50% (cioè fino a 45.000 euro di compensi) si perde l'agevolazione l’anno successivo;

  se si supera il tetto di oltre il 50% (cioè oltre 45.000 euro) il regime agevolato cessa nell’anno in corso e il contribuente deve rimanere nel regime ordinario per almeno 3 anni.

Inoltre, sarà dovuta l’Iva sulle operazioni dell’intero anno di superamento del limite.

Se superate il tetto e non lo dichiarate, le sanzioni già salate vengono aumentate del 10% se il maggior reddito accertato supera quello dichiarato di almeno il 10%.

Non conviene a tutti

Inoltre non è detto che questo regime convenga a tutti. A volte la tassazione ordinaria è più convenienteperché consente le detrazioni d'imposta mentre il regime agevolato no. Ad esempio, se un autonomo guadagna circa 30mila euro, con le detrazioni per familiari a carico e per una ristrutturazione della casa, finisce per pagare poco o niente di tasse, mentre il contribuente minimo paga comunque il 20%. 

In sostanza il regime conviene soprattutto:

       a chi ha poche detrazioni e anche pochi costi da scaricare (a causa dalla indetraibilità dell'Iva);

  a chi ha altri redditi (ad esempio di lavoro dipendente) e può così tenere distinte le due tassazioni evitando l'aumento dell'aliquota progressiva

  a chi ha come clienti i privati perché, non dovendo aggiungere l'Iva sulla sua fattura, risulta più conveniente e quindi più concorrenziale rispetto a un professionista "ordinario". 

Infine è da tenere presente che i contributi previdenziali (per l'Inps sono il 26,72%) restano per intero a carico del lavoratore, come succede per tutte le altre partite Iva, salvo un contributo (volontario) dell'azienda del 4%. Non così, invece, per i Cocopro i cui contributi vengono pagati per i due terzi dal datore di lavoro. (A.D.M.)

Truffa continuata e tradimento da parte dello stato


Le cose sono sempre più chiare e sono confermate dai recenti fatti di cronaca, per mari e per Monti.
Ogni Cittadino di ogni Paese Civile sente e pensa di vivere in una Società fondamentalmente etica e di essere sostanzialmente protetto dalle ingiustizie e dagli attacchi dei malvagi e dei criminali.
I Cittadini Italiani stanno subendo, da molti anni e sempre più, una enorme atroce truffa, che ha la sua essenza  profonda nell’etica ed arriva quindi a compromettere seriamente la stessa Civiltà degli Italiani di oggi.

Le massicce conseguenze di tale atroce truffa continuata si estendono pesantemente anche in ambiti aventi aspetti anche materiali, quali quello finanziario e quello del lavoro, con ripercussioni addirittura sulle possibilità di sussistenza dei Cittadini stessi.
Senza Giustizia non possono esistere sana attività economica e sana crescita, con normali posti di lavoro.

Da quanto qui avanti esplicitato, risulta chiara la gravissima situazione creata dalla mancanza della Giustizia; che costituisce atroce truffa continuata, di responsabilità dello Stato, ed anche un atroce tradimento continuato da parte dello Stato verso i Cittadini.

Si è anche arrivati all’assurdità che si sconvolge totalmente il Paese con le ‘liberalizzazioni’, al fine di favorire la libera concorrenza, e non si considera assolutamente, non parlandone nemmeno, il maggior nemico della libera concorrenza, che evidentemente è costituito dall’enorme riciclaggio praticato dalle mafie, particolarmente al Centro-Nord del Paese!!

Nella realtà complessiva ci troviamo in un profondo baratro, tanto più grave in quanto cominciamo a rendercene conto solo ora, con limitate  reazioni dirette di pochi Cittadini e con ilsilenzio assoluto da parte di tutte le Istituzioni, del Governo, dei Partiti politici, delle Confederazioni ed Associazioni di categoria, dei Sindacati, nonché dei mezzi d’informazione!
La detta atroce truffa continuata ed il detto atroce tradimento continuato sono prodotti dall’assurdo tipo di funzionamento del sistema giuridico italiano , costituito dalle Istituzioni della Giustizia e dai  Professionisti  coinvolti.

Infatti tale tipo di funzionamento ha portato ad una effettiva gravissima mancanza di Giustizia !
Tipo di funzionamento che, già da diversi anni, permette in tutta Italia:
- lo sviluppo di una organizzazione criminale integrata nella società
- lo sviluppo della mafia dei colletti bianchi
- lo sviluppo di molteplici gravi illegalità, corruzioni e criminalità nelle attività economiche e nelle Istituzioni con una vasta complicità delle professioni, banchieri, notai, avvocati, commercialisti, amministratori locali e anche esponenti politici
- l’attuazione da parte delle mafie, prevalentemente nel Centro-Nord, del riciclaggio di 140 miliardi di Euro, pari a 10 finanziarie, nell’anno 2010e di 130 miliardi nel 2009” nonché di“150  miliardi  nel  2011″
- lo sviluppo di un sistema sociale mafioso, ormai profondamente radicato
- la eliminazione della libera concorrenza , conseguente a tali giganteschi riciclaggi mafiosi
- la impossibilità di normale libera imprenditorìa, per l’esposizione ai pesanti attacchi delle mafie sommerse, molto poco contrastate, e per l’assenza di libera concorrenza
- la impossibilità di crescita economica non mafiosa , cioè il disastro completo del Paese, non certo evitato dalle ‘liberalizzazioni’, che anzi possono favorire lo sviluppo delle attività imprenditoriali delle mafie
- la effettiva facilitazione per le banche che vogliano praticare l’anatocismo e l’usura, e la protezione più efficace per quelle che già lo hanno fatto
- la produzione per numerosissimi Cittadini di anni di MARTIRIO e MORTE; fatti di cui il sottoscritto è protagonista e testimone
- la sistematica offesa dei DIRITTI DELL’UOMO.

Le parole tra virgolette sono parole testuali del Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Senatore Giuseppe Pisanu.

Purtroppo risulta chiaro che le condizioni attuali dell’Italia sono largamente peggiori rispetto a quanto viene espresso ufficialmente dai mezzi di informazione e nei dibattiti televisivi !
La GIUSTIZIA è uno dei VALORI fondamentali di uno STATO come vorremmo fosse l’ITALIA !

Tutti ormai sono consapevoli della mancanza della Giustizia, ma nessuno fa niente, limitandosi a dire che si deve fare la riforma della Giustizia; mentre è necessario fare ben altro !! Subito !!
L’unica salvezza possibile è riposta nell’azione diretta che concretamente vorremo esplicare noiCittadini Italiani, dopo aver preso consapevolezza dell’effetto di anni di trionfo dell’Ingiustizia, della Criminalità e delle Mafie in tutta Italia !!
UN  PAESE  SENZA  GIUSTIZIA  NON  E’  UN  PAESE  CIVILE  !!! 
UMANAMENTE  NEMMENO  VIVIBILE !!!

Mario Monti al parlamento europeo

Oggi il presidente del Consiglio ha parlato a Strasburgo della situazione economica italiana e della crisi europea


Oggi il presidente del Consiglio Mario Monti ha tenuto intorno alle 15 un discorso davanti al Parlamento europeo, riunito a Strasburgo in seduta plenaria. Monti ha parlato della situazione economica italiana e della crisi economica europea, dicendo di essere favorevole agli eurobond e sottolineando l’importanza di una maggiore integrazione europea.
«In questa fase il principale rischio è che l’euro diventi un fattore disgregante». Lo ha detto il premier Mario Monti parlando all’Europarlamento, sottolineando che la crisi del debito in Europa ha riproposto divisioni e risentimenti. «Si deve recuperare lo spirito unitario». Il discorso del premier italiano è iniziato con un omaggio rivolto al Europarlamento e alle istituzioni europee.
Siamo tutti corresponsabili. «In Ue non esistono buoni e cattivi dobbiamo sentirci tutti corresponsabili delle cose fatte del passato e soprattutto nella costruzione dell’avvenire». Lo ha detto il premier Mario Monti intervenendo al Parlamento europeo a Strasburgo. «Le decisioni non sono chieste dall’Europa» ma necessarie. Il premier ha così introdotto gli sforzi dell’Italia. Poi, sulle relazioni diplomatiche tra i vari Paesi, ha aggiunto: «Troppe volti Governi nazionali in Europa hanno accusato le istituzioni europee dopo decisioni alle quali avevano preso parte».
Monti ha poi parlato del rapporto tra Italia, Francia e Germania: «La stretta collaborazione con Merkel e Sarkozy è all’insegna, per quanto mi riguarda, della difesa del metodo comunitario perché l’Europa deve essere inclusiva».

La diffidenza dopo le delusioni

Il presidente della Banca centrale europea, <b>Mario Draghi</b>, ha provato a scherzarci sopra. «La Grecia è un Paese unico. In tutti i sensi».
Ha giustificato la sua reticenza sulle modalità della partecipazione della Bce al salvataggio di Atene con il fatto che era in partenza per la riunione dell'Eurogruppo e solo dopo avrebbe potuto essere più preciso, ma ha lasciato aperta la porta a un modo per «ripartire i profitti» sui suoi acquisti di titoli greci. Si è dichiarato «fiducioso che tutti i pezzi andranno a posto».
Anche dopo l'accordo fra i partiti in Grecia per il nuovo (l'ennesimo) programma di austerità, i pezzi che devono andare a posto restano molti. E il puzzle è complicato. Il primo pezzo è l'accettazione del piano greco da parte dell'Europa e del Fondo monetario, oltre che della Bce. E già ieri sera si è visto quanto tiepide fossero le reazioni a Bruxelles. Non perché i numeri del programma non siano più o meno in ordine. Ma perché gli interlocutori della Grecia sono stati troppo volte scottati, negli ultimi due anni, dalle promesse non mantenute da Atene.
La parola che riecheggiava in tutti i commenti era "implementation", la messa in atto del programma. Quella dei piani precedenti è stata quasi inesistente. Draghi lo ha sottolineato ieri: nella crisi greca, e dell'eurozona, si parla tanto di soldi, dei pacchetti di aiuti, del contributo della Bce, dei "firewall", le barriere "antifuoco" contro il contagio. Ma quel che conta più di tutto, ha detto, sono le riforme messe in atto dai Paesi. Nel caso greco, si è visto poco.
Il secondo pezzo che deve andare a posto è l'intesa con i creditori privati che debbono accettare "volontariamente" perdite sui loro investimenti che da ottobre a oggi sono salite dal 21% al 50%, al 70%. Chi li rappresenta nel negoziato parla per meno di metà dei possessori di debito greco. E fra gli altri ci sono hedge fund decisi a dare battaglia. L'adesione volontaria che, affinché il piano funzioni, dovrebbe essere totalitaria, rischia in realtà di essere molto bassa. I creditori privati saranno allora forzati, in un modo o nell'altro, con l'introduzione di clausole di azione collettiva retroattive, a partecipare. I bond in scadenza il 20 marzo (14,5 miliardi di euro), la vera spada di Damocle su tutta la vicenda, verrebbero inclusi nella ristrutturazione. Se si tratterà di un default non "disordinato", anatema per i mercati, resta tutto da vedere.
Il terzo pezzo da aggiungere può essere allora il contributo della Bce, ma non è certo su questo che si decide il destino di Atene, nonostante sia finito negli ultimi giorni sotto i riflettori.

DALLA PRIMA Tutti questi elementi si possono ricomporre. E probabilmente lo saranno, a partire da oggi. Alla fine, però, si torna al punto di partenza. Cosa succederà se i piani greci non verranno rispettati? E, con le elezioni alle porte, ci sono tutti i presupposti perché non lo siano, di fronte a una situazione economica e sociale disastrosa, e suscettibile di restare in questo stato per anni. Magari non subito, ma da qui a qualche mese, forse qualche trimestre, il piano può deragliare.
A quel punto, è meglio che l'Europa si faccia trovare più preparata di quanto non sia stata finora. Avendo messo in sicurezza il proprio sistema finanziario e gli altri Paesi contagiabili. Questo per adesso, nonostante gli sforzi della Bce sul fronte bancario e di alcuni Paesi, Italia in testa, sul fronte fiscale, è un lavoro incompiuto. Non è il "caso unico" della Grecia il problema vero dell'eurozona.